Rien ne va plus
Sulla scena, una poltrona, una sedia e uno sgabello con le ruote. I personaggi, Martina e la nonna, si muovono in uno spazio che a seconda dei momenti della narrazione si trasforma; ora è la cameretta, ora il salotto di casa, ora è il casinò ora è la sala slot di un piccolo bar di provincia. Il monologo si apre con Martina, adolescente col vizio del gioco, che rientra a casa col morale di un condannato a morte: deve dire alla nonna con cui vive che ha appena perso tutta la sua pensione al gioco riducendole sul lastrico per un intero mese. Martina è contrita ma sa che lo rifarà.
La reazione della nonna è del tutto inaspettata. Non la rimprovera né si mostra delusa. Solleva la nipote da ogni colpa e le racconta una storia un po’ bislacca, fatta di demoni, maledizioni e soldati romani. Dal dispiacere con cui si era presentata in casa, Martina rapidamente passa al panico. Se la nonna perde la testa, a lei toccherebbero i servizi sociali. Martina non crede ad una parola e la sua vita procede. La ritroviamo dopo qualche anno che ha appena vinto una borsa di studio per l’università, è una studentessa modello ma non ha perso quel suo vizio: entra per la prima volta in un casinò; conosce la roulette, regina di tutti i giochi, e vince inaspettatamente una montagna di denaro. Tra lei e il gioco una sorta di patto faustiano. Martina si lascia vincere da questa passione vorticosa che diventa il suo pane quotidiano. La nonna “muore” lasciandola sola e senza nessun patrimonio in eredità. A Martina non resta che alzare la posta e mettere in palio ciò che ha di più prezioso.
Di e con Marina Romondia, ispirato a un racconto di Alberto Lupo.